Racconto: La Bella e la Little Bestia

Le illustrazioni sono della bravissima Jolie Carbone e faceva parte del volume “Keep Calm and Purrr.”

Buona lettura!

La Bella e la Little Bestia

C’era una volta in un paese lontano una famiglia di riparatori di computer. Erano poverissimi perché i computer non erano stati ancora inventati per cui il signor Basil, il capofamiglia, non aveva molto lavoro, ma a tutti quelli che glielo facevano notare rispondeva sempre “bisogna guardare al futuro!”. Forse avrebbe dovuto fare il cartomante. Ma la vera ricchezza del signor Basil erano le sue tre bellissime figlie. Beh, una figlia bellissima e due carine. Una bellissima e due simpatiche. Ok, una figlia bellissima e due rospi invecchiati male!
A pensarci bene il signor Basil non era tanto ricco nemmeno in famiglia.
Le due figlie rospoidi più grandi, Clodovea e Tungstena, erano decisamente viziate e avrebbero adorato possedere un gatto. Il padre cercava di accontentarle in tutti i modi, ma non c’era verso: quello ha il pelo troppo lungo, questo troppo corto. Quel gatto è troppo grigio, quell’altro troppo poco grigio, mentre quell’altro ancora aveva cinquanta sfumature di grigio e così via. Simpatiche come le briciole nel letto.
La bellissima figlia più giovane invece, di nome Annabelle, era per fortuna molto diversa.
Tranquilla di carattere e dedita al lavoro, era lei a portare avanti la casa. Svolgeva qualsiasi mansione le capitasse in giro per il paese e in generale le piaceva tenersi occupata. Forse un po’ chiusa e timorosa, ma di gran cuore.
Al contrario delle sorelle declinava sempre con gentilezza tutte le volte che il padre provava ad appiopparle un micetto. Non si sentiva pronta per avere un gatto, un po’ perché non avrebbe avuto il tempo di badargli e un po’ perché si considerava uno spirito libero. Inoltre era allergica al pelo, sia del gatto che delle sorelle. Ecco perché dormivano in stanze diverse.

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La vita scorreva tranquilla e anche vagamente noiosetta finché un giorno il padre venne chiamato per riparare un computer in un paese ancora più lontano del luogo lontano in cui già abitava, un paese all’avanguardia della scienza dei computer ma che pativa una carenza cronica di tecnici riparatori.
Durante il viaggio però venne sorpreso da un nubifragio e il carretto su cui viaggiava rimase impantanato nel fango. Completamente inzuppato come una galletta nel latte e con il suo fido cavallo Rigoletto a fianco, si ritrovò davanti all’insegna di un bed & breakfast dal nome suggestivo: “Il Tetro Castello Maledetto della Paura”. Ed effettivamente dietro ad una fitta vegetazione, vide stagliarsi una fortezza piuttosto lugubre. Aveva quel non so che di Overlook Hotel. Ma a caval donato non si guarda in bocca! Soprattutto se ha mangiato cipolle, per cui il Signor Basil e Rigoletto si incamminarono fino all’ingresso.
Non c’era anima viva, eppure sembrava tutto abbastanza in ordine. Suonarono un po’ di volte il campanellino alla reception finché non comparve un’audace vecchina. Sembrava molto indaffarata, era vestita come una governante vittoriana e si rivolse ai due compari con fare piuttosto brusco.
– Benvenuti al Tetro Castello Maledetto della Paura! Immagino vogliate una stanza.
– Sì grazie, una doppia. Che mi piace dormir comodo!
L’anziana signora li fece accomodare in una bellissima camera con un letto a baldacchino, per poi scomparire. Il Signor Basil si mise a dormire ma Rigoletto fece intendere che aveva paura di quel luogo ameno così i due dormirono insieme. Nonostante il materasso davvero molto comodo il cavallo ebbe gli incubi e scalciò tutta la notte.
La mattina dopo, fatta anche la colazione, i nostri due compari si diressero dalla governante per salutare e tornare al paese.
– Signora, questo bed and breakfast è davvero confortevole. Lo consiglierò a tutti i miei amici! E, se posso permettermi, non mi sembra così spaventoso. – Rigoletto nitrì per ribadire il concetto.
D’improvviso tutti udirono un lamento fortissimo!
Il cavallo, molto coraggiosamente, spaccò una finestra con uno zoccolo e fuggì nella foresta battendo il record mondiale di corsa su sterrato, mentre il signor Basil sfoderò un incredibile sangue freddo raggomitolandosi sotto al tavolo della reception.
La governante non solo non batté ciglio, ma batté anche cassa.
– È solo la presenza oscura del castello, non si preoccupi. Sono comunque dieci monete per la notte. – Il Signor Basil trasalì, non per la presenza oscura ma perché si ricordò di essere al verde. Per ovviare alla situazione mutò improvvisamente la sua espressione, stringendosi la sciarpa intorno al collo come un capitalista d’altri tempi e cominciando a fare lo splendido.
– Accettate carte?
– Certo signore.
Il Signor Basil allora tirò fuori un jack di fiori, un re di picche e un sette di quadri.
– Tenga pure il resto, c’è il settebello.
La governante andò su tutte le furie!
– Razza di scroccone perdigiorno, non faccia il finto tonto!!! Ora per ripagarmi sarà costretto a lavorare qui e ad aiutarmi a tenere pulito e in ordine questo posto! – Il Signor Basil trasalì di nuovo. Non aveva mai lavorato in cinquant’anni, poteva forse cominciare adesso?
– La prego, tutto ma non questo! Prenda una delle mie figlie, vi servirà fedelmente finché il debito non sarà ripagato!!! – La governante ci pensò sopra un attimo.
– Lei è un infame, se lo ricordi. E sia, mi mandi qui la sua figlia più giovane, diventerà la mia apprendista. Ma se non lo farà… Le scatenerò addosso la bestia che infesta questo hotel! – e nel mentre, un altro urlo lacerante invase la stanza.
Il Signor Basil accettò a malincuore, dopo essersi accordato perché la figlia avesse diritto a ferie e contributi.
– Ma nessuna tredicesima – sentenziò la governante con fare nazista.
Tornato così a casa dalle fi glie, il padre raccontò loro l’accaduto. Clodovea e Tungstena erano così affrante dalla partenza della sorella che le avevano già preparato i bagagli prima che il signor Basil finisse il suo racconto.
– Ti sei sempre distinta per il tuo aiuto in questa casa Annabelle, vedrai che farai il tuo dovere!– disse il padre.
– Grazie padre, ti voglio bene anch’io. Spero che l’emancipazione femminile arrivi presto, perché non era il sogno della mia vita fare le pulizie in un Bed and Breakfast. Oltretutto, un maniero con strane presenze! – ribatté la ragazza (lei sognava di diventare astronauta. Considerando che in quel paese non esistevano nemmeno i computer capite che era proprio figlia del signor Basil).
Ma la giovane, molto ligia ai suoi doveri, raccolse sulle sue spalle quel fardello. Del resto
sembrava un buon stipendio e questo avrebbe permesso al padre di non dover lavorare. Non che cambiasse molto, ma aveva tutto sommato una sua logica. Doveva sacrificarsi per gli altri.

L’immenso portone del Bed and Breakfast si aprì di fronte ad Annabelle. C’era un’aria gelida e frizzante, qualcosa le pizzicava il naso. La giovane ragazza, un po’ intimorita, si fece coraggio.
D’un tratto, davanti alla reception si stagliò un’ombra nera e imponente e un terribile ruggito vibrò per le sale (le oche che transitavano nello stagno vicino
al palazzo sentendo quel boato si fecero venire la pelle d’oca creando così un paradosso spazio-dimensionale che le risucchiò nella scatola del gatto del signor Schrodinger… Ma questa è un’altra storia).
Annabelle era pietrificata dal terrore e chiuse gli occhi di fronte all’oscurità davanti a sé. L’ombra cominciò ad avanzare, inesorabile nel suo incedere. Le fiamme alte dei candelabri sulle pareti presero ad affi evolirsi al passaggio della Bestia e dopo pochi secondi Annabelle sentì subito dei graffi violenti sulla pancia.
La ragazza guardò di sbieco per un ultimo istante: un pelo nero come la notte, zanne aguzze come coltelli, due occhi azzurri come il ghiaccio e le dimensioni di una scarpa da donna. Annabelle richiuse gli occhi temendo il peggio e… Un momento, le dimensioni di una scarpa da donna!
E la coda lunga come un tacco dodici?!
Riaprì violentemente le palpebre e si ritrovò faccia a faccia con il mostro: un tenero gattino nero. Le stava impastando la pancia martoriandole le vesti.
– E tu saresti la bestia?
– Miu? – le rispose il mostro. E così facendo si ritirò sulla difensiva accucciandosi e tirando indietro quelle grosse orecchie che lo facevano assomigliare ad un pipistrello.
– Etciù!!! – fece Annabelle, inondando il pelo della creatura come se fosse un idrante. Dannata allergia.
La piccola creatura reagì inferocita con un MIAOOOO degno di un cucciolo di leone e sfregiandole la mano con furore si ritirò nelle tenebre da cui era venuta.
Annabelle era un po’ perplessa da quella situazione. Seguendo la scia di pelo si imbatté nella governante.
– Voi dovete essere Annabelle, suppongo.
– Si signora. Mio padre mi ha detto che sarò la vostra aiutante.
– Proprio così ragazzina. Vieni, ti mostro le tue stanze.
E fu così che Annabelle cominciò il suo lavoro al “Tetro Castello Maledetto della Paura”.

Inizialmente le cose furono molto difficili, soprattutto la convivenza con la Little Bestia, che era davvero impossibile da tenere sotto controllo. Dispensava pelo ovunque come se non ci fosse un domani, si lanciava in agguati a tradimento dietro ogni porta degni di un killer professionista e marchiava le pareti facendo pipì come una fontana.
I problemi maggiori rimanevano comunque i pasti e le ore notturne.
La Little Bestia sembrava avere uno stomaco senza fine. Doveva mangiare ogni due ore e solo cibo prelibato, cucinato personalmente dalla povera Annabelle. La quale si sbizzarriva tra maiale al tè affumicato con panatura di peperoni e spezzatino di pesce con crema di piselli alla griglia e schiuma di mare. Fosse andata a Masterchef, avrebbe vinto a mani basse trattando Cracco a sushi in faccia e facendo muorire Bastianich, ma in questo caso per l’invidia.
Annabelle sperimentò cosa significasse dormire con un gattino nei paraggi. Il maledetto la svegliava in continuazione con miagolii lamentosi e stridenti uniti a feroci attacchi ai piedi alla Batman.
Ogni notte la stessa storia. E tutte le volte che provava a sgridare la Little Bestia il massimo effetto che otteneva era quello di vederla intenta a farsi la toeletta di fronte a lei con spavalderia.
L’allergia poi non aiutava.

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Un giorno arrivò al castello un cacciatore di mostri. Era attratto dalla leggenda della Bestia e voleva farne un trofeo da esporre nel salotto per vantarsi con le ragazze.
La governante lo accolse e lo mise in guardia sulla pericolosità dell’impresa. Ma il cacciatore non si perse d’animo e si addentrò nei meandri del motel… Finché non vide un essere informe, con gli occhi iniettati di sangue, rantolante. Che non appena si accorse di lui, gli si avventò contro!
Il cacciatore spaccò la solita finestra con un calcio e si dileguò nella foresta, battendo il record precedente del cavallo e senza pagare il conto. Annabelle si incupì perché in fondo voleva solo chiedergli un fazzoletto (anche se il sogno proibito era un antistaminico). In seguito, la governante decise di non riparare più la finestra perché tanto la rompevano tutti per scappare. Non ci sono più gli eroi di una volta!
Ma questo in fondo non preoccupava più di tanto la ragazza che era incuriosita anche da un’altra cosa: non c’erano praticamente mai clienti!
Si chiedeva come facesse quel posto a tirare avanti e come lei riuscisse ad essere pagata.
Era sul punto di chiamare Gordon Ramsey per risollevare la situazione e farsi insultare gratuitamente, quando intervenne la governante.
– Lascia perdere, questo è un posto maledetto.
– Peggio del Bates Motel? – chiese Annabelle.
– È una lunga storia – continuò l’anziana signora, mentre cercava di staccare del vomito della Little Bestia dalla moquette. – Vedi, un tempo questo luogo apparteneva al principe Norby Van Norben IV della dinastia dei Van Norben. La cortesia del principe era rinomata nel regno e tutte le donne cadevano ai suoi piedi, così fece licenziare la domestica perché passava troppa cera sui pavimenti. Prima che io fossi assunta, una notte arrivò al maniero una donna. Chiedeva ospitalità ma il principe Norby non gliela concesse.
– E perché mai? – chiese Annabelle.
– Apostrofò la donna dicendo che era una “vecchia racchia” e che gli avrebbe rovinato la reputazione. Solo che la donna in realtà oltre che essere un’avvenente signora di mezz’età era una strega, e lo maledisse facendolo diventare un gattino e trasformando questo posto in un bed and breakfast scadente. –
– Perché proprio un micino?
– I gatti sono animali molto empatici. Il principe in realtà non si curava mai delle emozioni altrui e così facendo avrebbe solo continuato a spezzare cuori. Ora è costretto a sentire ciò che provano gli altri, per istinto. E a regolarsi di conseguenza.– precisò la governante. – Oh, e poi alla strega piacevano molto i gattini.
Annabelle vide arrivare tutta trotterellante la Little Bestia.
– Quindi tu sei un principe! Ecco perché fai così l’altezzoso, hai ancora qualche rimasuglio di ricordo della tua vita passata! – disse la ragazza abbozzando un buffo inchino. La Little Bestia non capì e si fece le unghie sulle scarpe della ragazza.
Annabelle, dopo aver buttato quelle scarpe ormai inutilizzabili che per inciso erano le sue preferite, rifletté parecchio sulle parole della governante. Soprattutto sul significato di “empatia”.
Iniziò lentamente a mutare il suo comportamento nei confronti della Little Bestia.
Cercò di essere meno rassegnata e più paziente, cominciò a sforzarsi di accarezzarlo, a trattenere gli starnuti e… Si accorse che le cose cominciarono a cambiare.
Il piccolo lord felino sembrava apprezzare questa novità. La ragazza cominciava a capire che la Little Bestia voleva solo un po’ di affetto, oltre che l’affettato. Perché, in fondo, gli animali sono tutto istinto e se noi ci poniamo di fronte a loro timorosi e con una mentalità chiusa, non otterremo che questo in cambio. Annabelle a poco a poco lo comprese e questa per lei fu la lezione più grande che potesse imparare.
Iniziarono a giocare insieme. Il feroce gattino le portava ogni giorno pari un ratto morto ai piedi del letto. Nei giorni dispari invece la preda era una lucertola. Le prime volte Annabelle urlava di terrore, poi capì che era un regalo del suo nuovo piccolo amico e faceva comunque finta di apprezzarlo, facendo sentire la Little Bestia un consumato bracconiere dell’Africa Equatoriale.Dopodiché si sbarazzava dei cadaveri buttandoli nel gabinetto.
Le notturne urla miagolanti presto si trasformarono in soffici fusa e con un certo stupore anche la lettiera cominciò a essere usata correttamente e non come campo di battaglia per rievocazioni storiche.

In barba ai bookmakers, Annabelle e la Little Bestia diventarono amici.

La giovane incominciò a fargli lunghi discorsi sulla sua vita e sul suo modo di vederla, sul suo passato. Gli raccontò di quando da piccola si nascose sotto una cattedra per non farsi trovare dalla maestra a scuola o di quanto amasse travestirsi per le feste di carnevale. E la Little Bestia rispondeva sempre compiaciuto con un tripudio di “miauuuu”, “Purrrrrr” e “meeeeeeo”.
Che grandi conversazioni!
Annabelle però era felice. In fondo, basta poco per scaldare un cuore. Che sia umano o felino ha poca importanza, i sentimenti non fanno distinzioni di specie.
Anche la governante era contenta di questa situazione perché ora poteva tenere sotto controllo la Little Bestia e tutto era perfettamente in ordine. Mancavano sempre i clienti, ma finché c’era il fondo cassa del principe…
Poteva quindi dedicarsi a guardare le sue soap opera preferite allo specchio magico del castello.

Finché un giorno lo specchio si ruppe. Iattura e sciagura! E proprio sul più bello, ovvero durante l’incredibile crossover tra i personaggi di Bruttiful e Centolatrine, uniti per concedersi “Un Pasto al Sale”!!!
La governante era disperata e Annabelle, vedendola in pieno secondo atto di tragedia greca, si offrì di aiutarla.
– Mio padre è un riparatore di computer, questo finalmente potrebbe essere pane per i suoi denti! – poi si ricordò che suo padre portava la dentiera, ma non era il caso di dirlo.
La governante pensò che fosse un’ottima idea, ma la Little Bestia non ne era così convinta.
– Starò via solo pochi giorni, vedrai che tornerò presto! – disse Annabelle al suo piccolo amico. La Little Bestia leccò la mano di Annabelle e poi si ritirò mogia mogia all’interno di una scatola di scarpe. Anche Annabelle era triste, ma decise di partire ugualmente. Prima di andare via riempì comunque fino all’orlo il dispensatore di croccantini.
Che non si sa mai.
Al suo rientro a casa Annabelle trovò alcune novità. Grazie ai soldi della giovane, le sorelle avevano finalmente trovato il loro animale domestico, ma si erano dovute accontentare: Clodovea ottenne un pappagallo tenore mancato che ripeteva in continuazione la parola “CIUPAAA!!!” mentre Tungestena un labrador sbrodolante e sbavazzante, abbinato al quale c’era una fornitura di un fantastico profumo dal nome “eau de bavette”.
Il Signor Basil invece era piuttosto tranquillo nel suo incessante oziare. La vista di Annabelle gli restituì comunque un po’ del vigore perduto.
– Figlia mia, come stai! Come ti trovi lì al castello? –
– Splendidamente padre, ne ho approfittato per venire a salutarti e per portarti del lavoro!
Il padre sbiancò improvvisamente e millantò un ritorno del mal di schiena. Rigoletto non nitrì perché era stato barattato per il labrador. Questa ferita nell’orgoglio del cavallo non si sarebbe risanata in tempi brevi.
– Devi riparare questo specchio magico. Ti prego!
Il padre riferì che l’avrebbe fatto, ma da poco aveva cominciato a soffrire di colesterolo alto per cui gli ci sarebbe voluto del tempo e…
– Padre, fallo per me! – implorò Annabelle.
– CIUPAAAA!!!
– Oh scusate, è il mio pappagallo che si intromette sempre! – disse Clodovea.
Il Signor Basil si convinse ad aggiustare l’oggetto. Si trovò in diffi coltà perché non aveva mai tentato di riparare niente, ma riuscì comunque nel suo intento. Bastò usare la tecnica con cui si riparano i computer e che si tramanda di generazione in generazione: qualche pugno e calcio qua e là ben assestato.
Mentre cercava la giusta frequenza, si ritrovò così a guardare all’interno del bed and breakfast e inquadrò proprio la Little Bestia! Stava dormendo rannicchiato nella sua cuccia imperiale, come un gran pascià.
– Ma è meraviglioso quel gattino! – si intromise Clodovea.
– Stupendissimamente stupendo! – le fece eco Tungstena.
– È il mio amico, il principe Norby Van Norben IV! – disse divertita Annabelle.
– Cioè, cioè, cioè, quel bel gattino sarebbe tuo?!?! – le due sorelle urlarono in stereo. – Ed è pure nobile?!? – ora stavano sbraitando in dolby digital surround.
– Beh, siamo amici, non è propriamente mio. E poi tra poco dovrò tornare da lui perché so che sente la mia mancanza e… – CIUPAAAAA! – Il pappagallo stava rischiando seriamente la vita.
Le due sorelle improvvisamente si fecero così apprensive nei confronti di Annabelle. Iniziarono a viziarla e ad adularla. Tungstena le fece fare amicizia con il suo labrador, facendole sperimentare l’ebbrezza di essere cosparsa di bava su tutto il viso mentre Clodovea si impegnava ad accompagnarla in lunghe ed estenuanti passeggiate e a sfinirla di chiacchiere. Cucinarono per lei, lavorarono per lei. Annabelle dopo tanti mesi di duro impegno si sentiva riposata e viziata.
Finché un giorno non si svegliò con un pensiero…
– CIUPAAAAA!!! –
Quel giorno il pappagallo venne gettato nel lago legato ad un’incudine affinché imparasse a nuotare.
Il vero pensiero di Annabelle era il Little Principe gatto. Si ricordò di quanto le mancava e si rivestì in fretta e furia se non fosse stato per le sorelle che si accorsero di tutto quel trambusto e si fiondarono a fermare la ragazza.
– Non puoi andartene, giammai! Non avrai quel gattino tutto per te! Se non lo avremo noi, non lo avrà nessuno!
Clodovea e Tungstena si lanciarono a sbarrare la porta di casa, ma scivolarono entrambe sui litri di bava del labrador finendo a gambe all’aria. Annabelle corse come un fulmine fi no al castello e quando entrò vide che il dispensatore di croccantini era vuoto. Era preoccupata, la governante non si trovava così come la Little Bestia.
Ritrovò la creaturina nella sua stanza da letto, vicino al cuscino che Annabelle aveva usato in tutto quel tempo e che era ancora impregnato del suo profumo. Rannicchiato su se stesso, non reagì all’avvicinarsi della ragazza.
– Principe Norby, principe Norby! Svegliatevi vi prego!!!
Il gattino emise un piccolo miagolio… Ma non si mosse.
Annabelle si strinse sempre più sul corpo del suo piccolo amico. “Mi dispiace di avervi lasciato qui tutto solo…”. Ora qualche lacrima cominciò a scivolare sulle guance della povera ragazza. Vedere il suo unico vero amico ridotto in quelle condizioni a causa sua le lacerò il cuore.
Si accucciò vicino al corpicino della Little Bestia, cercando si scaldarlo con il calore della sua anima.
– Mi dispiace tanto. Voi siete il mio unico amico. Vorrei poter essere per sempre la vostra umana.
In quel momento, la governante fece irruzione nella stanza come se fosse un agente S.W.A.T.!
– Annabelle! Finalmente sei tornata! Ho udito le tue parole, ed è tempo di rivelarmi veramente per quello che sono… – e così dicendo la governante svanì in una nuvola di fumo rosa e azzurro per fare posto ad una vecchia racchia.
– Io sono la Strega che ha trasformato il principe Norby Van Norben IV in un mostro. Con il tuo gesto d’affetto hai dimostrato di essere degna di questo gattino… E quindi spezzerò la maledizione!!!
Annabelle era senza parole. La strega cominciò ad agitare le mani creando piccoli cerchi di fuoco sulle pareti e inondando Norby di un manto verdastro.

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La Little Bestia improvvisamente riprese vigore, e attaccò con rinnovata allegria ed audacia
i puntini infuocati sulla parete.
– Sei vivo!!! – urlò di gioia Annabelle.
– Beh, è sempre stato vivo. Era solo particolarmente assonnato – intervenne la strega.
Il tripudio di colori si interruppe e Little Norby ci rimase anche un po’ male nel constatare che i puntini luminosi erano spariti. Ma subito si accorse della presenza di Annabelle e le corse incontro dandole una testata clamorosa su un ginocchio in segno di affetto e strusciandosi sulle gamba come un pitone in amore.
– Ma se la maledizione è stata tolta… Perché non si è trasformato in un principe giovane e gagliardo?
– La maledizione del principe Norby Van Norben è stata annullata già molto tempo fa. E lui
se n’è andato con la sua innamorata lasciando il castello abbandonato. Il gattino che hai di fronte è un trovatello, forse un po’ particolare. Volevo solo fare un po’ di scena per movimentare la situazione.–
Ad Annabelle cascarono le braccia, però era contenta che il suo little amico fosse rimasto tale e quale. Meglio un gatto che un noioso principe azzurro… che tanto l’avrebbe tradita con la prima visitatrice. (Si sa, i principi sono inaffidabili al giorno d’oggi e poi l’azzurro è così fuori moda…!) .
– Ora questo castello è tuo. Il mio compito è finito perché ho trovato una persona in grado di badare ad esso e al micino. Addio Annabelle, abbi cura di te! – e così dicendo la strega sparì.
Da quel giorno, Annabelle e Little Norby diventarono i padroni del maniero. La ragazza invitò suo padre a vivere con lei per farsi aiutare nella gestione del Bed and Breakfast. Annabelle decise di trasformarlo in un hotel per animali, ed ebbe un successo incredibile. Da quel giorno il nome cambiò in “Il dolce rifugio delle fusa amorose”. Perché come dice un vecchio proverbio, “Nellaasa dove vive un gatto nero non mancherà mai l’amore”.

FINE

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PS: Si ma, le sorelle? Buona domanda.
Durante il viaggio verso il castello, per andare a vivere a scrocco dalla sorellina, si imbatterono in un’anziana signora che chiese loro aiuto. Risposero che non avevano tempo da dedicare ad una vecchia racchia, solo che scoprirono ben presto che quell’anziana signora era la solita suscettibile strega che le trasformò in due oche, affinché continuassero a starnazzare indisturbate.
Dato che il labrador era con loro le due oche si spaventarono alla vista dell’animale, venne loro la pelle d’oca e furono quindi risucchiate dal solito varco spazio-dimensionale nella scatola del gatto del signor Schrodinger, il quale si adirò molto perché quella scatola non è un albergo e se le mangiò.

FINE (Per davvero)

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