Altro acquisto recente, altro giro, altra inutile recensione, altra bambolina (assassina).
E questa volta scomodiamo un pezzo da novanta, che è anche molto figlio dei ‘novanta’ e che ha letteralmente messo a novanta il mondo del fumetto negli ultimi due anni.
Parliamo di Zerocalcare e del suo ultimo lavoro, ovvero Dodici. Come sempre pubblicato da quei draghi della Bao Publishing, che grazie a Zero (ma non solo a lui, s’intende) stanno facendo vendite stratosferiche con conseguenti rasponi a due mani ad ogni chiusura fiscale!
Ma tornando a noi… Dodici. Zerocalcare incontra gli zombie, e soprattutto mette leggermente da parte il suo alter ego per spostare l’asse dell’azione (e del ferro da stiro) su altri personaggi.
Storia di per sé molto semplice: siamo a Roma, più precisamente nel quartiere di Rebibbia e c’è un’invasione zombie. Zero, Secco e la loro amica Katja (più l’esilarante Cinghiale) devono sopravvivere e scappare. Con qualche colpo di scena e una scena stessa dominata sempre di più proprio dal duo Secco & Catja. Il perché, non ve lo spiego… Spoiler? Not today!
Questa è la trama. Un po’ debole, se posso. Ma del resto l’incipit è lo stesso di The Walking Dead, no? (serie che adoro). E soprattutto ricordiamoci che parliamo di un autore che riesce a rendere divertente e interessante anche il banale. Anzi, proprio il banale. Cioè, è in grado di rendere spassoso persino un cetriolo, per cui… Di per sé non sarebbe un problema.
Solo che qui, in questo volume, comincia a cascare l’asino… Perché ci sono dei difetti che non mi sento di ignorare.
Il discorso è che qui si vuole creare una storia unica “ad incastro”. Ambizioso! (per dirla alla Bisio nelle vecchie pubblicità dell’89.24.24).
La narrazione è frammentata su flashback e flashforward fino ad arrivare al finale. Ma, onestamente, non si sente il bisogno di questa frammentarietà. Ci sono alcuni pezzi che non hanno granché senso e in generale la narrazione è per l’appunto singhiozzante. Una mia impressione è che questa cosa sia stata introdotta proprio per cercare di dare più ritmo ad una storia che è comunque parecchio classica come impostazione e per dare più importanza al vero colpo di scena finale. Colpo di scena un po’ telefonato e senza neanche le chiamate gratis. Ma anche, penso, per dare modo a Zerocalcare di ricreare un po’ la cadenza delle storielle che pubblica sul web (storielle di poche tavole, per inciso). Che sono poi il suo cavallo di battaglia!
Ma un conto è fare storie brevi completamente slegate le une dalle altre (o con un filo conduttore, come nella Profezia dell’Armadillo), un conto è tenere in piedi una storia più lunga. Cosa che era riuscita assai bene con “Un Polpo alla Gola” per esempio, mentre qui invece ci si è un po’ persi. Forse per scappare dagli zombie.
Anche il livello di comicità è un po’ sotto le vecchie (e attuali) produzioni. Mentre in altri momenti ho riso davvero ma davvero di gusto, con questo fumetto un po’ di meno. Sono diminuite anche tanto le citazioni anni ’80-’90, che hanno fatto la fortuna della comicità di Zero… Sarà un caso?
Ma su questo punto, ci ritorno più tardi.
A livello grafico, non c’è molto da dire… Solito stile efficace, anche se… Anche qui, ho l’impressione che alcune cose siano tirate un po’ via. Magari è solo un’impressione eh?! Ma alcuni dettagli, specie nel disegno dei personaggi principali… Sembrano un po’ velocizzati. Così come l’uso del colore. Che si alterna con i grigi e i toni in azzurro a sottolineare diversi archi temporali. Ma l’impressione è la solita, una scelta stilistica non così studiata e messa un po’ lì.
A parer mio, in Dodici Zerocalcare ha voluto parlare di Rebibbia. Stop. Il focus dell’azione si è spostato da se stesso a qualcosa di esterno. Ci sono delle piccole “pause” monotavola dove lui in prima persona e con il suo stile dissacrante parla proprio di questo quartiere. Del cosa vuol dire viverci, del senso di appartenenza. Di come sia difficile andarsene. E di come una parte di te muoia, nell’andare via. Di come, forse, muoia anche un po’ la tua giovinezza. O almeno è quello che io ho voluto leggerci.
Ecco, questo è quello che è davvero apprezzabile in Dodici. Ho come l’impressione che qui Zerocalcare abbia voluto diventare “un po’ più grande” nel suo modo di intendere il fumetto, pur mantenendo il suo stile e i suoi stilemi. Qui per la prima volta tende la mano al genere graphic novel. Prima che i puristi comincino a pensare “muori all’inferno, eretico!!!” vorrei solo dire che nella mie mente è sinonimo di fumetto d’autore. Non lo userei mai per parlare di una storia di Ghost Rider, per esempio.
E mio caro Zero, tu un autore lo sei. E bravo anche. E proprio in virtù di questo, mi dispiace dirlo, Dodici è un miscuglio di cui è difficile sbrogliare la matassa. Lo vedo anche come “esperimento”. Chi cerca la tua solita comicità rimarrà un po’ deluso, chi cerca un’opera più completa rimarrà anch’egli un po’ deluso. E penso che da questa breve recensione traspaia anche un po’ la mia, di delusione.
Insomma, Zerocalcare ha voluto camminare su un tacco dodici… E non è facile, se non sei abituato. Rischi di cadere e in generale zoppicare. Specie se sei un maschio, effettivamente!
Che cos’è che mancato? La magia, semplicemente. Quella magia che è il vero talento di Zerocalcare: il saper mescolare comico e lirico, con storie che fanno ridere ma anche riflettere. Magari anche commuovere. La grande lezione della commedia all’italiana che però nessun maestro potrà mai insegnarti, perché sono cose che vengono da dentro di te. O ce l’hai o non ce l’hai.
Chiudo dicendo questo… A Calcà, occhio. Il livello di aspettativa nei confronti delle tue cose è ormai elevatissimo. Piuttosto, prenditi più tempo per fare il prossimo volume. Che sia comico, serio o un mix fra le due cose. Penso che tu sia ora nella posizione per fare quello che vuoi. Non hai bisogno di fare le cose di fretta per uscire in tempo per Lucca Comics (per dire, Dodici è spesso la metà di Un Polpo alla Gola). Sei uno dei pochi fumettisti italiani che ha questo privilegio/rango, fossi in te non lo sprecherei. E visto che sei anche una persona molto intelligente, so che non lo farai.
Se il rock va suonato al volume che serve, anche il fumetto va scritto e disegnato con i tempi che servono.
E noi aspettiamo solo il tuo prossimo momento giusto.
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PS: non commento il piccolo excursus su Gesù che c’è nella storia. Ci sta ed è divertente il confronto con Ken il Guerriero (di cui vedete sopra un estratto). Ma se il tuo prossimo fumetto sarà a tema Gesù… Vengo, mi faccio tre ore di coda per l’autografo e poi ti taglio in due con una katana rubata ad uno stand di Romics. Sappilo. ^_^
PPS: per chi non sa, ormai ho un’avversione per i fumetti su Gesù, che escono letteralmente dalle fottute pareti. ^_^